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Alighieri, Dante
Vita Nova

3

Apresso lo partire di questa gentil donna, fu piacere del Signore degli angeli di chiamare alla sua gloria una donna giovane e di gentile aspecto molto, la quale fu assai gratiosa in questa sopradecta cittade, lo cui corpo io vidi giacere sanza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangeano assai pietosamente. Allora ricordandomi che già l'avea veduta fare compagnia a quella gentilissima, non poteo sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi propuosi di dicere alquante parole della sua morte, in guiderdone di ciò che alcuna fiata l'avea veduta colla mia donna. E di ciò toccai alcuna cosa nell'ultima parte delle parole che io ne dissi, sì come appare manifestamente a chi lo 'ntende. E dissi allora questi due sonetti, li quali comincia lo primo Piangete e il secondo Morte villana.

Piangete, amanti, poi che piange Amore,
udendo qual cagion lui fa plorare.
Amor sente a Pietà donne chiamare,
mostrando amaro duol per gli occhi fore,
perché villana Morte in gentil core
à miso il suo crudele adoperare,
guastando ciò ch'al mondo è da laudare
in gentil donna sora dell'Onore.
Udite quanto Amor le fece oranza,
ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
sovra la morta ymagine avenente;
e riguardava ver' lo ciel sovente,
ove l'alma gentil già locata era,
che donna fu di sì gaia sembianza.

Questo primo sonnet si divide in tre parti. Nella prima chiamo e sollicito li fedeli d'Amore a piangere, e dico che lo signore loro piange, e dico udendo la cagione per che piange, acciò che s'acconcino più ad ascoltarmi; nella seconda narro la cagione; nella terza parlo d'alcuno onore che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia quivi Amore sente, la terza quivi Udite.

Morte villana, di Pietà nemica,
di dolor madre antica,
iuditio incontastabile gravoso,
poi ch'ài data materia al cor doglioso,
ond'io vado pensoso,
di te blasmar la lingua s'afatica.
E s'io di gratia ti vo' far mendica,
convenesi ch'io dica
lo tuo fallar d'ogni torto tortoso,
non però ch'alla gente sia nascoso,
ma per farne cruccioso
chi d'amor per innanzi si notrica.
Dal secolo ài partita cortesia
e ciò ch'è in donna da pregiar vertute;
in gaia gioventute
distructa ài l'amorosa leggiadria.
Più non vo' discovrir qual donna sia
che per le propietà sue conosciute.
Chi non merta salute
non speri mai d'aver sua compagnia.

Questo sonnet si divide in quatro parti. Nella prima parte chiamo la Morte per certi suoi nomi proprii; nella seconda, parlando a·llei, dico la cagione per che io mi muovo a blasmarla; nella terza la vitupero; nella quarta mi volgo a parlare a indiffinita persona, avegna che quanto al mio intendimento sia diffinita. La seconda comincia quivi Poi ch'ài data; la terza quivi E s'io di gratia; la quarta quivi Chi non merta salute.