Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina | Vai alla colonna di sinistra

Colonna con sottomenu di navigazione


immagine Dante

Contenuto della pagina


-
Menu di navigazione

Alighieri, Dante
Rime

53. Amor, da che convien pur chio mi doglia

Amor, da che convien pur chio mi doglia
perché la gente moda,
e mostri me dogni vertute spento,
dammi savere a pianger come voglia,
sì che l duol che si snoda
portin le mie parole comio l sento.
Tu vò chi muoia, e io ne son contento:
ma chi mi scuserà sio non so dire
ciò che mi fai sentire?
chi crederà chi sia omai sì còlto?
E se mi dai parlar quanto tormento,
fa, signor mio, che nnanzi al mio morire
questa rea per me nol possa udire;
che se ntendesse ciò che dentro ascolto,
pietà faria men bello il suo bel volto.

I non posso fuggir chella non vegna
nellimagine mia,
se non come l pensier che la vi mena.
Lanima folle, chal suo mal singegna,
comella è bella e ria
così dipinge e forma la sua pena:
poi la riguarda, e quandella è ben piena
del gran disio che degli occhi le tira,
incontro a sé sadira,
cha fatto il foco ondella trista incende.
Quale argomento di ragion raffrena
ove tanta tempesta in me si gira?
Langoscia che non cape dentro spira
fuor della bocca sì chella sintende,
e anche agli occhi lor merito rende.

La nemica figura che rimane
vittorïosa e fera
e signoreggia la vertù che vole,
vaga di sé medesma andar mi fane
colà dovella è vera
come simile a simil correr sòle.
Ben conosco che va la neve al sole;
ma più non posso: fo come colui
che nel podere altrui,
va co suo piedi al loco ovegli è morto.
Quando son presso, parmi udir parole
dicer: Vie via vedrai morir costui.
Allor mi volgo per vedere a cui
mi raccomandi; e ntanto sono scorto
dagli occhi che muccidono a gran torto.

Qual io divegno sì feruto, Amore,
sailo tu, non io,
che rimani a veder me sanza vita;
e se lanima torna poscia al core,
ignoranza ed oblio
statè con lei mentre chellè partita.
Comio risurgo, e miro la ferita
che mi disfece quandio fui percosso,
confortar non mi posso
sì chio non triemi tutto di paura;
e mostra poi la faccia scolorita
qual fu quel trono che mi giunse adosso;
che se con dolce riso è stato mosso,
lunga fïata poi rimane oscura,
perché lo spirto non si rassicura.

Così mha concio, Amore, in mezzo lalpi,
nella valle del fiume
lungo l qual sempre sopra me sè forte:
qui vivo e morto come vuoi mi palpi
mercé del fiero lume
che folgorando fa via alla morte.
Lasso! non donne qui, non genti accorte
veggio a cui mi lamenti del mio male:
sa costei non ne cale,
non spero mai daltrui aver soccorso.
E questa sbandeggiata di tua corte,
signor, non cura colpo di tuo strale:
fattha dorgoglio al petto schermo tale,
chogni saetta lì spunta suo corso;
per che larmato cor da nulla è morso.

O montanina mia canzon, tu vai:
forse vedrai Fiorenza, la mia terra,
che fuor di sé mi serra,
vota damore e nuda di pietate.
Se vi vai dentro, va dicendo: Omai
non vi può fare il mio fattor più guerra:
là ondio vegno una catena il serra
tal, che se piega vostra crudeltate,
non ha di ritornar qui libertate.