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Alighieri, Dante
Rime

49. Doglia mi reca nello core ardire

Doglia mi reca nello core ardire
a voler chè di veritate amico;
però, donne, sio dico
parole quasi contra tutta gente
non vi maravigliate,
ma conoscete il vil vostro disire;
ché la biltà chAmore in voi consente
a vertù solamente
formata fu dal suo decreto antico
contra l qual voi fallate.
I dico a voi che siete innamorate
che se vertute a noi
fu data, e biltà a voi,
e a costor di due poter un fare,
voi non dovreste amare,
ma coprir quanto di biltà vè dato,
poi che non cè vertù, chera suo segno.
Lasso! a che dicer vegno?
Dico che bel disdegno
sarebbe in donna, di ragion laudato,
partir biltà da sé per suo commiato.

Omo da sé vertù fattha lontana:
omo no, mala bestia chom somiglia.
O Deo, qual maraviglia
voler cadere in servo di signore
o ver di vita in morte!
Vertute, al suo fattor sempre sottana,
lui obedisce, lui acquista onore,
donne, tanto chAmore
la segna deccellente sua famiglia
nella beata corte;
lietamente esce delle belle porte
della sua donna e torna,
lieta va e soggiorna,
lietamente ovra suo gran vassallaggio;
per lo corto vïaggio
conserva, adorna, accresce ciò che trova;
Morte repugna sì, che lei non cura.
O cara ancella e pura,
coltha nel ciel misura:
tu sola fai signore, e questo prova
che tu sè possession che sempre giova.

Servo non di signor, ma di vil servo,
si fa chi da cotal serva si scosta.
Vedete quanto costa,
se ragionate luno e laltro danno,
a chi da lei si svia:
questo servo signor tantè protervo,
che gli occhi challa mente lume fanno
chiusi per lui si stanno,
sì che gir ne conviene a colui posta
chadocchia pur follia.
Ma perché lo meo dire util vi sia,
discenderò del tutto
in parte ed in costrutto
più lieve, perché men grave sintenda:
ché rado sotto benda
parola oscura giugne ad intelletto;
per che parlar con voi si vuole aperto.
Ma questo vo per merto,
per voi, non per me certo:
chabbiate a vil ciascuno e a sospetto,
ché simiglianza fa nascer diletto.

Chi serv, è come quel che è seguace
ratto a signore, e non sa dove vada
per dolorosa strada,
come lavaro seguitando avere
cha tutti segnoreggia.
Corre lavaro, ma più fugge pace:
oh mente cieca, ché non può vedere
lo suo folle volere
che l numero, chognora a passar bada,
che nfinito vaneggia.
Ecco giunta colei che ne pareggia:
dimmi, che hai tu fatto,
cieco avaro disfatto?
Rispondimi, se puoi, altro che nulla.
Maladetta tua culla
che lusingò cotanti sonni invano!
e maladetto il tuo perduto pane,
che non si perde al cane!
Che da sera e da mane
hai raunato e stretto ad ambo mano
ciò che sì tosto ti si fa lontano.

Come con dismisura si rauna,
così con dismisura si ristrigne;
e questo è quel che pigne
molti in servaggio, e salcun si difende
non è sanza gran briga.
Morte, che fai? che fai, buona Fortuna?
Ché non solvete quel che non si spende?
Se l fate, a cui si rende?
Non so, poscia che tal cerchio ne cigne
che di lassù ne riga:
colpa della ragion che nol gastiga.
Se vuol dire: I son presa,
ahi con poca difesa
mostra signore a cui servo sormonta!
Qui si raddoppia lonta,
se ben si guarda là dovio addito:
falsi animali, a voi ed altrui crudi
che vedete ir nudi
per colli e per paludi
uomini inanzi a cui vizio è fuggito,
e voi tenete vil fango vestito.

Fassi dinanzi dallavaro volto
Vertù, che suoi nemici a pace invita,
con matera pulita
per allettarlo a sé; ma poco vale,
ché sempre fugge lesca.
Poi che girato lha chiamando molto,
gitta l pasto ver lui, tanto glien cale;
ma quei non vapre lale;
e se pur viene quandellè partita,
tanto par che lincresca
come ciò possa dar sì che non esca
del beneficio loda.
Io vo che ciascun moda:
chi con tardare e chi con vana vista,
chi con sembianza trista
volge l donare in vender tanto caro
quanto sa sol chi tal compera paga.
Volete udir se piaga?
Tanto chi prende smaga
che l negar poscia non gli pare amaro.
Così altrui e sé concia lavaro.

Disvelato vho, donne, in alcun membro
la viltà della gente che vi mira,
perché laggiate in ira;
ma troppo è più ancor quel che sasconde
perché a dicer vè lado.
In ciascun è di ciascun vizio assembro,
per chamistà nel mondo si confonde,
ché lamorose fronde
di radice di ben altro ben tira,
poi sol simil è in grado.
Vedete come conchiudendo vado:
che non dee creder quella
cui par bene esser bella
essere amata da questi cotali;
ma se biltà tra mali
volemo anumerar, creder si pòne
chiamando amore appetito di fera.
Oh cotal donna pera
che sua biltà dischiera
da natural bontà per tal cagione,
o crede amor fuor dorto di ragione.

Canzone, presso di qui è una donna
chè del nostro paese;
bella, saggia e cortese
la chiaman tutti, e neun se naccorge
quando suo nome porge
Bianca, Giovanna, Contessa chiamando.
A costei te ne va chiusa e onesta:
prima con lei tarresta,
prima lei manifesta
quel che tu sè e quel per chio ti mando;
poi seguirai secondo suo comando.