38. Io sento sì dAmor la gran possanza
Io sento sì dAmor la gran possanza
chio non posso durare
lungamente a soffrire, ondio mi doglio,
però che l suo valor si pur avanza
e l mio sento mancare,
sì chio son meno ognora chio non soglio.
Non dico chAmor faccia più chio voglio,
ché, se facesse quanto l voler
chiede,
quella vertù che natura mi diede
nol sosterria, però chellè finita;
ma questo è quello ondio prendo cordoglio,
cha la voglia l poder non terrà fede;
e se di buon voler nasce mercede,
io la dimando per aver più vita
dagli occhi che nel lor bello splendore
portan conforto ovunque io sento amore.
Entrano i raggi di questi occhi belli
ne miei innamorati
e portan dolce ovunque io sento amaro,
e sanno lo cammin sì come quelli
che già vi son passati,
e sanno il loco dove Amor lasciaro
quando per gli occhi miei dentro l menaro,
per che merzé, volgendosi, a me fanno,
e di colei cui son procaccian danno
celandosi da me, poi tanto lamo
che sol per lei servir mi tegno caro.
E miei pensier, che pur damor si
fanno,
come a lor segno al suo servigio vanno;
per che ladoperar sì forte bramo
che sio l credessi far fuggendo lei,
lieve saria, ma so chio ne morrei.
Ben è verace amor quel che mha preso
e ben mi stringe forte,
quandio farei quel chio dico per lui;
ché nullo amore è di cotanto peso
quanto quel che la morte
face piacer per ben servire altrui.
Ed io n cotal voler fermato fui
sì tosto come l gran disio chio sento
fu nato per vertù del piacimento
che nel bel viso dogni bel saccoglie.
Io son servente, e quando penso a cui,
qual chella sia, di tutto son contento,
ché luom può ben servir contra talento;
e se merzé giovanezza mi toglie,
i spero tempo che più ragion prenda,
pur che la vita tanto si difenda.
Quandio penso un gentil disio chè nato
del gran disio chi porto,
cha ben far tira tutto l mio podere,
parmesser di merzé oltrapagato;
ed ancor più, cha torto
mi par di servidor nome tenere:
così dinanzi agli occhi del parere
si fa l servir merzé daltrui bontate.
Ma poi chi mi ristringo a veritate,
convien che tal disio servigio conti;
però che sio procaccio di valere,
non penso tanto a mia propietate
quanto a colei che mha in sua potestate,
ché l fo perché sua cosa in pregio monti;
ed io son tutto suo e così mi tegno,
chAmor di tanto onor mha fatto degno.
Altro chAmor non mi potea far tale
chi fosse degnamente
cosa di quella che non sinnamora,
ma stassi come donna a cui non cale
dellamorosa mente
che sanza lei non può passare unora.
Io non la vidi tante volte ancora
chio non trovasse in lei nova bellezza,
onde Amor cresce in me la sua grandezza
tanto quanto l piacer novo saggiugne.
Per chegli avien che tanto fo dimora
in uno stato, e tanto Amor mavezza
con un martiro e con una dolcezza
quantè quel tempo che spesso mi pugne,
che dura da chio perdo la sua vista
infino al punto chella si racquista.
Canzon mia bella, se tu mi somigli,
tu non sarai sdegnosa
tanto quanto a la tua bontà savene;
però ti priego che tu tasottigli,
dolce mia amorosa,
in prender modo e via che ti stea bene.
Se cavalier tinvita o ti ritene,
imprima che nel suo piacer ti metta
espia, se far lo puoi, della sua setta,
se vuoi saper qual è la sua persona;
ché l buon col buon sempre carriera tene;
ma egli avien che spesso altri si getta
in compagnia che non è che disdetta
di buona fama chaltri di lui suona.
Co rei non star né a cerchio né ad arte,
ché non fu mai valor tener lor parte.
Canzone, a tre men rei di nostra terra
te nanderai prima che vadi altrove:
li due saluta, e l terzo fa che prove
di trarlo fuor di mala setta in pria.
Digli che l buon col buon non prende guerra,
prima che co malvagi vincer prove;
digli chè folle chi non si rimove,
per tema di vergogna, da follia:
ché que la teme cha del mal paura,
perché, fuggendo lun, laltro si
cura.