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Alighieri, Dante
Convivio

XXVI

Poi che sopra la prima particola di questa parte, che mostra quello per che potemo conoscere l'uomo nobile alli segni apparenti, è ragionato, da procedere è alla seconda parte, la quale comincia: in giovinezza, temperata e forte. Dice adunque che sì come la nobile natura in adolescenza ubidente, soave e vergognosa e adornatrice della sua persona si mostra, così nella gioventute si fa «temperata e forte», amorosa, cortese e leale: le quali cinque cose paiono, e sono, necessarie alla nostra perfezione in quanto avemo rispetto a noi medesimi. Ed intorno di ciò si vuole sapere che tutto quanto la nobile natura prepara nella prima etade, è apparecchiato e ordinato per provedimento di Natura universale, che ordina la particulare a sua perfezione. Questa perfezione nostra si può doppiamente considerare. Puotesi considerare secondo che ha rispetto a noi medesimi: e questa nella nostra gioventute si dee avere, che è colmo della nostra vita. Puotesi considerare secondo che ha rispetto ad altri; e però che prima conviene essere perfetto, e poi la sua perfezione comunicare ad altri, convienesi questa secondaria perfezione avere appresso questa etade, cioè nella senettute, sì come di sotto si dicerà. Qui adunque è da reducere a mente quello che di sopra, nel ventiduesimo capitolo di questo trattato, si ragiona dello appetito che in noi dal nostro principio nasce. Questo appetito mai altro non fa che cacciare e fuggire; e qualunque ora esso caccia quello che e quanto si conviene, e fugge quello che e quanto si conviene, l'uomo è nelli termini della sua perfezione. Veramente questo appetito conviene essere cavalcato dalla ragione; ché sì come uno sciolto cavallo, quanto ch'ello sia di natura nobile, per sé, sanza lo buono cavalcatore, bene non si conduce, così questo appetito, che irascibile e concupiscibile si chiama, quanto ch'ello sia nobile, alla ragione obedire conviene, la quale guida quello con freno e con isproni, come buono cavaliere. Lo freno usa quando elli caccia, e chiamasi quello freno Temperanza, la quale mostra lo termine infino al quale è da cacciare; lo sprone usa quando fugge, per lui tornare allo loco onde fuggire vuole, e questo sprone si chiama Fortezza o vero Magnanimitate, la quale vertute mostra lo loco dove è da fermarsi e da pungare. E così infrenato mostra Virgilio, lo maggiore nostro poeta, che fosse Enea, nella parte dello Eneida ove questa etade si figura: la qual parte comprende lo quarto, lo quinto e lo sesto libro dello Eneida. E quanto raffrenare fu quello, quando, avendo ricevuto da Dido tanto di piacere quanto di sotto nel settimo trattato si dicerà, e usando con essa tanto di dilettazione, elli si partio, per seguire onesta e laudabile via e fruttuosa, come nel quarto dell'Eneida scritto è! Quanto spronare fu quello, quando esso Enea sostenette solo con Sibilla a intrare nello Inferno a cercare dell'anima di suo padre Anchise, contra tanti pericoli, come nel sesto della detta istoria si dimostra! Per che appare che nella nostra gioventute essere a nostra perfezione ne convegna temperati e forti. E questo fa e dimostra la buona natura, sì come lo testo dice espressamente. Ancora è a questa etade, a sua perfezione, necessario d'essere amorosa; però che ad essa si conviene guardare diretro e dinanzi, sì come cosa che è nel meridionale cerchio: convienesi amare li suoi maggiori, dalli quali ha ricevuto ed essere e nutrimento e dottrina, sì che esso non paia ingrato; convienesi amare li suoi minori, acciò che, amando quelli, dea loro delli suoi beneficii, per li quali poi nella minore prosperitade esso sia da loro sostenuto e onorato. E questo amore mostra che avesse Enea lo nomato poeta nel quinto libro sopra detto, quando lasciò li vecchi Troiani in Cicilia racomandati ad Aceste, e partilli dalle fatiche; e quando amaestrò in questo luogo Ascanio suo figliuolo, colli altri adolescentuli armeggiando. Per che appare a questa etade essere amore necessario, come lo testo dice. Ancora è necessario a questa etade essere cortese; ché, avegna che a ciascuna etade sia bello l'essere di cortesi costumi, a questa è massimamente necessario; però che nel contrario, nolla puote avere la senettute, per la gravezza sua e per la severitade che a lei si richiede; e così lo senio maggiormente. E questa cortesia mostra che avesse Enea questo altissimo poeta, nel sesto sopra detto, quando dice che Enea rege, per onorare lo corpo di Miseno morto, che era stato trombatore d'Ettore e poi s'era raccomandato a lui, s'accinse e prese la scure ad aiutare tagliare le legne, per lo fuoco che dovea ardere lo corpo morto, come era di loro costume. Per che bene appare questa essere necessaria alla gioventute, e però la nobile anima in quella la dimostra, come detto è. Ancora è necessario a questa etade essere leale. Lealtade è seguire e mettere in opera quello che le leggi dicono, e ciò massimamente si conviene allo giovane: però che lo adolescente, come detto è, per minoranza d'etade lievemente merita perdono; lo vecchio per più esperienza dee essere giusto, e non essaminatore di legge, se non in quanto lo suo diritto giudicio e la legge è quasi tutto uno, e quasi senza legge alcuna dee giustamente sé guidare: che non può fare lo giovane, e basti che esso séguiti la legge, e in quella seguitare si diletti: sì come dice lo predetto poeta, nel predetto quinto libro, che fece Enea, quando fece li giuochi in Cicilia nell'anniversario del padre; che ciò che promise per le vittorie, lealmente diede poi a ciascuno vittorioso, sì come era di loro lunga usanza, che era loro legge. Per che è manifesto che a questa etade lealtade, cortesia, amore, fortezza e temperanza siano necessarie, sì come dice lo testo che al presente è ragionato; e però la nobile anima tutte le dimostra.