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Alighieri, Dante
Convivio

Canzone terza

Le dolci rime d'amor ch'i' solia
cercar ne' miei penseri,
convien ch'io lasci; non perch'io non speri
ad esse ritornare,
ma perché li atti disdegnosi e feri
che nella donna mia
sono appariti, m'han chiusa la via
dell'usato parlare.
E poi che tempo mi par d'aspettare,
diporrò giù lo mio soave stile
ch'i' ho tenuto nel trattar d'amore;
e dirò del valore
per lo qual veramente omo è gentile,
con rima aspra e sottile;
riprovando 'l giudicio falso e vile
di quei che voglion che di gentilezza
sia principio ricchezza.
E cominciando, chiamo quel signore
ch'alla mia donna nelli occhi dimora,
per ch'ella di se stessa s'innamora.
Tale imperò che gentilezza volse,
secondo 'l suo parere,
che fosse antica possession d'avere
con reggimenti belli;
ed altri fu di più lieve savere,
che tal detto rivolse,
e l'ultima particola ne tolse,
ché non l'avea fors'elli!
Di retro da costui van tutti quelli
che fan gentile per ischiatta altrui,
che lungiamente in gran ricchezza è stata;
ed è tanto durata
la così falsa oppinïon tra nui,
che l'uom chiama colui
omo gentil, che può dicere: Io fui
nepote o figlio di cotal valente,
benché sia da nïente.
Ma vilissimo sembra, a chi 'l ver guata,
cui è scorto 'l cammino e poscia l'erra:
e tocca a tal, ch'è morto e va per terra!
Chi diffinisce: Omo è legno animato,
prima dice non vero,
e dopo 'l falso parla non intero;
ma più forse non vede.
Similemente fu chi tenne impero
in diffinire errato,
ché prima puose il falso, e d'altro lato
con difetto procede:
ché le divizie, sì come si crede,
non posson gentilezza dar né tòrre,
però che vili son da lor natura;
poi, chi pinge figura,
se non può esser lei, non la può porre;
né la diritta torre
fa piegar rivo che da lungi corre.
Che siano vili appare ed imperfette,
ché, quantunque collette,
non posson quïetar, ma dan più cura;
onde l'animo ch'è dritto e verace
per lor discorrimento non si sface.
Né voglion che vil uom gentil divegna,
né di vil padre scenda
nazion che per gentil già mai s'intenda:
questo è da lor confesso;
onde lor ragion par che sé offenda
in tanto in quanto assegna
che tempo a gentilezza si convegna,
diffinendo con esso.
Ancor, segue di ciò che innanzi ho messo,
che siàn tutti gentili o ver villani,
o che non fosse ad uom cominciamento;
ma ciò io non consento,
néd ellino altressì, se son cristiani!
Per che a 'ntelletti sani
è manifesto i lor diri esser vani;
e io così per falsi li riprovo,
e da lor mi rimovo;
e dicer voglio omai, sì com'io sento,
che cosa è gentilezza, e da che vène,
e dirò i segni che 'l gentile uom tène.
Dico ch'ogni vertù principalmente
vien da una radice:
vertute, dico, che fa l'uom felice
in sua operazione.
Questo è, secondo che l'Etica dice,
un abito eligente
lo qual dimora in mezzo solamente;
e tai parole pone.
Dico che nobiltate in sua ragione
importa sempre ben del suo subietto,
come viltate importa sempre male;
e vertute cotale
dà sempre altrui di sé buono intelletto:
per che in medesmo detto
convegnono ambedue, ch'èn d'uno effetto.
Onde convien dall'altra vegna l'una,
d'un terzo ciascuna;
ma se l'una val ciò che l'altra vale,
ed ancor più, da lei verrà più tosto.
E ciò ch'i' ho detto qui sia per supposto.
È gentilezza dovunqu'è vertute,
ma non vertute ov'ella;
sì com'è 'l cielo dovunqu'è la stella,
ma ciò non e converso.
E noi in donna ed in età novella
vedem questa salute,
in quanto vergognose son tenute:
ch'è da vertù diverso.
Dunque verrà, come dal nero il perso,
ciascheduna vertute da costei,
o vero il gener lor, ch'io misi avanti.
Però nessun si vanti
dicendo: Per ischiatta io son con lei,
ch'elli son quasi dèi
quei c'han tal grazia fuor di tutti rei;
ché solo Iddio all'anima la dona
che vede in sua persona
perfettamente star: sì ch'ad alquanti
ch'è 'l seme di felicità, si acosta,
messo da Dio nell'anima ben posta.
L'anima cui adorna esta bontate
non la si tène ascosa,
ché dal principio ch'al corpo si sposa
la mostra infin la morte.
Ubidente, soave e vergognosa
è nella prima etate,
e sua persona aconcia di bieltate
colle sue parti acorte;
in giovinezza, temperata e forte,
piena d'amore e di cortesi lode,
e solo in lealtà far si diletta;
è nella sua senetta
prudente e giusta, e larghezza se n'ode,
e 'n se medesma gode
d'udire e ragionar dell'altrui prode;
poi nella quarta parte della vita
a Dio si rimarita,
contemplando la fine ch'ell'aspetta,
e benedice li tempi passati.
Vedete omai quanti son li 'ngannati!
Contra–li–erranti mia, tu te n'andrai;
e quando tu sarai
in parte dove sia la donna nostra,
non le tenere il tuo mestier coverto:
tu le puoi dir per certo:
«Io vo parlando dell'amica vostra»