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Alighieri, Dante
Convivio

IV

Mostrata la ragione innanzi per che la fama dilata lo bene e lo male oltre la vera quantità, resta in questo capitolo a mostrar quelle ragioni che fan vedere perché la presenza ristringe per opposito; e mostrate quelle, si verrà lievemente al principale proposito, cioè della sopra notata escusa. Dico adunque che per tre cagioni la presenza fa la persona di meno valore ch'ella non è: l'una delle quali è puerizia, non dico d'etate ma d'animo; la seconda è invidia, – e queste sono nello giudicatore –; la terza è l'umana impuritade, e questa è nello giudicato. La prima si può brievemente così ragionare. La maggiore parte delli uomini vivono secondo senso e non secondo ragione, a guisa di pargoli; e questi cotali non conoscono le cose se non semplicemente di fuori, e la loro bontade, la quale a debito fine è ordinata, non veggiono, per ciò che hanno chiusi li occhi della ragione, li quali passano a veder quello. Onde tosto veggiono tutto ciò che ponno, e giudicano secondo la loro veduta. E però che alcuna oppinione fanno nell'altrui fama per udita, dalla quale nella presenza si discorda lo imperfetto giudicio che non secondo ragione ma secondo senso giudica solamente, quasi menzogna reputano ciò che prima udito hanno, e dispregiano la persona prima pregiata. Onde appo costoro, che sono, ohmè, quasi tutti, la presenza ristringe l'una e l'altra qualitade. Questi cotali tosto sono vaghi e tosto sono sazii, spesso sono lieti e spesso tristi di brievi dilettazioni e tristizie, tosto amici e tosto nemici: ogni cosa fanno come pargoli, sanza uso di ragione. La seconda si vede per queste ragioni: che paritade nelli viziosi è cagione d'invidia, e invidia è cagione di mal giudicio, però che non lascia la ragione argomentare per la cosa invidiata, e la potenza giudicativa è allora quel giudice che ode pur l'una parte. Onde, quando questi cotali veggiono la persona famosa, incontanente sono invidi, però che veggiono a sé pari membra e pari potenza, e temono, per la eccellenza di quel cotale, meno essere pregiati. E questi non solamente passionati mal giudicano, ma, diffamando, fanno alli altri mal giudicare: per che appo costoro la presenza ristringe lo bene e lo male in ciascuno apresentato: e dico lo male, perché molti, dilettandosi nelle male operazioni, hanno invidia a' mali operatori. La terza si è l'umana impuritade, la quale si prende dalla parte di colui che è giudicato e non è sanza familiaritade e conversazione alcuna. Ad evidenzia di questa, è da sapere che l'uomo è da più parti maculato e, come dice Agustino, nullo è sanza macula. Quando è l'uomo maculato d'una passione, alla quale tal volta non può resistere; quando è maculato d'alcuno disconcio membro; e quando è maculato d'alcuno colpo di fortuna; e quando è maculato d'infamia di parenti o d'alcuno suo prossimo: le quali cose la fama non porta seco ma la presenza, e discuoprele per sua conversazione. E queste macule alcuna ombra gittano sopra la chiarezza della bontade, sì che la fanno parere men chiara e men valente. E questo è quello per che ciascuno profeta è meno onorato nella sua patria; questo è quello per che l'uomo buono dee la sua presenza dare a pochi e la familiaritade dare a meno, acciò che 'l nome suo sia ricevuto, ma non spregiato. E questa terza cagione può essere così nel male come nel bene, se le cose della sua ragione si volgano ciascuna in suo contrario. Per che manifestamente si vede che per impuritade, sanza la quale non è alcuno, la presenza ristringe lo bene e lo male in ciascuno più che 'l vero non vuole. Onde, con ciò sia cosa che, come detto è di sopra, io mi sia quasi a tutti l'Italici apresentato, per che fatto mi sono più vile forse che 'l vero non vuole non solamente a quelli alli quali mia fama era già corsa, ma eziandio alli altri, onde le mie cose sanza dubbio meco sono alleviate; conviemmi che con più alto stilo dea alla presente opera un poco di gravezza, per la quale paia di maggiore autoritade. E questa scusa basti alla fortezza del mio comento.