Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina | Vai alla colonna di sinistra

Colonna con sottomenu di navigazione


immagine Dante

Contenuto della pagina


-
Menu di navigazione

Alighieri, Dante
Convivio

XIV

Apresso le comparazioni fatte delli sette primi cieli, è da procedere alli altri, che sono tre, come più volte s'è narrato. Dico che lo Cielo stellato si puote comparare alla Fisica per tre propietadi, e alla Metafisica per altre tre: ch'ello ci mostra di sé due visibili cose, sì come le molte stelle e sì come la Galassia, cioè quello bianco cerchio che lo vulgo chiama la Via di Sa' Iacopo; e mostraci l'uno delli poli, e l'altro ci tiene ascoso; e mostraci uno suo movimento da oriente ad occidente, e un altro, che fa da occidente ad oriente, quasi ci tiene ascoso. Per che per ordine è da vedere prima la comparazione della Fisica, e poi quella della Metafisica. Dico che lo Cielo stellato ci mostra molte stelle: ché, secondo che li savi d'Egitto hanno veduto, infino all'ultima stella che appare loro in meridie, mille ventidue corpora di stelle pongono, di cu' io parlo. E di questo ha esso grandissima similitudine colla Fisica, se bene si guardano sottilmente questi tre numeri, cioè due e venti e mille. Ché per lo due s'intende lo movimento locale, lo quale è da uno punto ad un altro di necessitade. E per lo venti si significa lo movimento dell'alterazione: ché, con ciò sia cosa che dal diece in sù non si vada se non esso diece alterando colli altri nove e con se stesso, e la più bella alterazione che esso riceva sia la sua di se medesimo, e la prima che riceve sia venti, ragionevolemente per questo numero lo detto movimento si significa. E per lo mille si significa lo movimento del crescere: ché in nome, cioè questo mille, è lo maggiore numero, e più crescere non si può se non questo multiplicando. E questi tre movimenti soli mostra la Fisica, sì come nel quinto del primo suo libro è provato. E per la Galassia ha questo cielo similitudine grande colla Metafisica. Per che è da sapere che di quella Galassia li filosofi hanno avute diverse oppinioni. Ché li Pittagorici dissero che 'l Sole alcuna fiata errò nella sua via e, passando per altre parti non convenienti allo suo fervore, arse lo luogo per lo quale passò, e rimasevi quella apparenza dell'arsura; e credo che si mossero dalla favola di Fetonte, la quale narra Ovidio nel principio del secondo del suo Metamorfoseos. Altri dissero, sì come fu Anassagora e Democrito, che che ciò era lume di sole ripercusso in quella parte, e queste oppinioni con ragioni dimostrative riprovaro. Quello che Aristotile si dicesse, non si può bene sapere, di ciò, però che la sua sentenza non si truova cotale nell'una translazione come nell'altra. E credo che fosse lo errore delli translatori: ché nella Nova pare dicere che ciò sia uno ragunamento di vapori sotto le stelle di quella parte, che sempre traggono quelli; e questa non pare essere ragione vera. Nella Vecchia dice che la Galassia non è altro che moltitudine di stelle fisse in quella parte, tanto picciole che distinguere di qua giù non le potemo, ma di loro apparisce quello albore lo quale noi chiamiamo Galassia; e puote essere, ché lo cielo in quella parte è più spesso, e però ritiene e ripresenta quello lume. E questa oppinione pare avere, con Aristotile, Avicenna e Tolomeo. Onde, con ciò sia cosa che la Galassia sia uno effetto di quelle stelle le quali non potemo vedere, se non per lo effetto loro intendiamo quelle cose, e la Metafisica tratti delle prime sustanze, le quali noi non potemo simigliantemente intendere se non per li loro effetti, manifesto è che lo Cielo stellato ha grande similitudine colla Metafisica. Ancora: per lo polo che vedemo significa le cose sensibili, delle quali, universalmente pigliandole, tratta la Fisica; e per lo polo che non vedemo significa le cose che sono sanza materia, che non sono sensibili, delle quali tratta la Metafisica: e però ha lo detto cielo grande similitudine coll'una scienza e coll'altra. Ancora: per li due movimenti significa queste due scienze. Ché per lo movimento nello quale ogni die si rivolve e fa nova circulazione di punto a punto, significa le cose naturali corruttibili, che cotidianamente compiono loro via, e la loro materia si muta di forma in forma: e di queste tratta la Fisica. E per lo movimento quasi insensibile che fa da occidente in oriente per uno grado in cento anni, significa le cose incorruttibili, le quali ebbero da Dio cominciamento di creazione e non averanno fine: e di queste tratta la Metafisica. Però dico che questo movimento significa quelle, che essa circulazione cominciò e non averebbe fine; ché fine della circulazione è reddire ad uno medesimo punto, al quale non tornerà questo cielo secondo questo movimento. Ché dal cominciamento del mondo poco più della sesta parte è vòlto; e noi siamo già nell'ultima etade del secolo ed atendemo veracemente la consumazione del celestiale movimento. E così è manifesto che lo Cielo stellato per molte propietadi si può comparare alla Fisica e alla Metafisica. Lo Cielo cristallino, che per Primo Mobile dinanzi è contato, ha comparazione assai manifesta alla Morale Filosofia: ché la Morale Filosofia, secondo che dice Tommaso sopra lo secondo dell'Etica, ordina noi all'altre scienze. Ché, sì come dice lo Filosofo nel quinto dell'Etica, la giustizia legale ordina le scienze ad apprendere, e comanda, perché non siano abandonate, quelle essere apprese e amaestrate; e così lo detto cielo ordina col suo movimento la cotidiana revoluzione di tutti li altri, per la quale ogni die tutti quelli ricevono e piovono qua giù la vertù di tutte le loro parti. Ché se la revoluzione di questo non ordinasse ciò, poco di loro vertù qua giù verrebbe o di loro vista. Onde, pognamo che possibile fosse questo nono cielo non muovere, la terza parte del Cielo stellato sarebbe ancora non veduta in ciascuno luogo della terra; e Saturno sarebbe quattordici anni e mezzo a ciascuno luogo della terra celato, e Giove sei anni quasi si celerebbe, e Marte uno anno quasi, e lo Sole centottandue die e quattordici ore (dico die, cioè tanto tempo quanto misurano cotanti die), e Venere e Mercurio quasi come lo Sole si celerebbe e mosterrebbe, e la Luna per tempo di quattordici die e mezzo starebbe ascosa ad ogni gente. E da vero non sarebbe quaggiù generazione né vita d'animale o di pianta; notte non sarebbe né die, né settimana né mese né anno, ma tutto l'universo sarebbe disordinato, e lo movimento delli altri sarebbe indarno. E non altrimenti, cessando la Morale Filosofia, l'altre scienze sarebbero celate alcuno tempo, e non sarebbe generazione né vita di felicitade, e indarno sarebbero scritte e per antico trovate. Per che assai è manifesto, questo cielo in sé avere alla Morale Filosofia comparazione. Ancora: lo Cielo empireo per la sua pace simiglia la divina scienza, che piena è di tutta pace: la quale non soffera lite alcuna d'oppinioni o di sofistici argomenti, per la eccellentissima certezza del suo subietto, lo quale è Dio. E di questa dice esso alli suoi discepoli: «La pace mia do a voi, la pace mia lascio a voi», dando e lasciando a loro la sua dottrina, che è questa scienza di cu' io parlo. Di costei dice Salomone: «Sessanta sono le regine, e ottanta l'amiche concubine; e delle ancille adolescenti non è numero: una è la colomba mia e la perfetta mia». Tutte scienze chiama regine e drude e ancille; e questa chiama colomba, perché è sanza macula di lite, e questa chiama perfetta perché perfettamente ne fa il vero vedere nel quale si cheta l'anima nostra. E però, ragionata così la comparazione delli cieli alle scienze, vedere si può che per lo terzo cielo io intendo la Rettorica, la quale al terzo cielo è simigliata, come di sopra pare.