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Alighieri, Dante
Convivio

Canzone prima

Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete,
udite il ragionar ch'è nel mio core,
ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo.
El ciel che segue lo vostro valore,
gentili creature che voi sete,
mi tragge nello stato ov'io mi trovo.
Onde 'l parlar della vita ch'io provo,
par che si drizzi degnamente a vui:
però vi priego che lo mi 'ntendiate.
Io vi dirò del cor la novitate,
come l'anima trista piange in lui,
e come un spirto contra lei favella,
che vien pe' raggi della vostra stella.
Suol esser vita dello cor dolente
un soave penser, che se ne gìa
molte fïate a' pie' del nostro Sire,
ove una donna glorïar vedia,
di cui parlava me sì dolcemente
che l'anima dicea: «Io men vo' gire».
Or apparisce chi lo fa fuggire
e segnoreggia me di tal vertute,
che 'l cor ne trema che di fori appare.
Questi mi face una donna guardare,
e dice: «Chi veder vuol la salute,
faccia che li occhi d'esta donna miri,
sed e' non teme angoscia di sospiri».
Trova contraro tal che lo distrugge
l'umil pensero che parlar mi sòle
d'un'angela che 'n cielo è coronata.
L'anima piange, sì ancor len dole,
e dice: «Oh lassa a me, come si fugge
questo pietoso che m'ha consolata!».
Delli occhi miei dice questa affannata
«Qual ora fu, che tal donna li vide!
E perché non credeano a me di lei?
Io dicea ben: nelli occhi di costei
de' star colui che le mie pari ancide!
E non mi valse ch'io ne fosse acorta
che non mirasser tal, ch'io ne son morta».
«Tu non se' morta, ma se' ismarrita,
anima nostra, che sì ti lamenti»,
dice uno spiritel d'amor gentile;
«ché quella bella donna che tu senti,
ha transmutata in tanto la tua vita,
che n'hai paura, sì se' fatta vile!
Mira quant'ell'è pïetosa e umìle,
saggia e cortese nella sua grandezza,
e pensa di chiamarla donna, omai!
Ché se tu non t'inganni, tu vedrai
di sì alti miracoli adornezza,
che tu dirai: Amor, segnor verace,
ecco l'ancella tua: fa che ti piace».
Canzone, io credo che saranno radi
color che tua ragione intendan bene,
tanto la parli faticosa e forte.
Onde, se per ventura elli adivene
che tu dinanzi da persone vadi
che non ti paian d'essa bene acorte,
allor ti priego che ti riconforte,
dicendo lor, diletta mia novella:
«Ponete mente almen com'io son bella!».